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La Tonnara Saline di Stintino
Esmeralda Ughi: Il titolo
Le tonnare per secoli sono state parte integrante della civiltà del mare del Mediterraneo, divenendo importanti realtà produttive in Italia (soprattutto in Sicilia e Sardegna), Spagna, Francia, coste norafricane del Maghreb. Alla fine del secolo XIX, Sidi Dau in Tunisia era considerata la più pescosa tonnara del Meditterraneo<ref>P. Pavesi, ''L'industria del tonno: Relazione alla Commissione reale per le tonnare del professor Pietro Pavesi'', in "Atti della Commissione Reale per le Tonnare del Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio", Tip. eredi Botta, Roma 1889</ref>. Durante il periodo espansionistico coloniale, nell'Avviso ai Naviganti del Regio Istituto Idrografico del 1926 il numero delle tonnare segnalate nell'oltremare italiano raggiungeva le 19 unità, mentre nelle nostre coste erano indicati 65 impianti in mare<ref>''Regio Istituto Idrografico, Avviso ai Naviganti'', Mediterraneo-Italia, foglio n° 85, Genova, 24 marzo 1926. In questo avviso si avvertono i naviganti che sulle coste italiane e delle colonie vengono quasi ogni anno stabiliti attrezzi e distese delle grosse reti per la pesca del tonno nelle seguenti località: Isola di Capraia (1), Promontorio Argentario (1), Porto Santo Stefano (2), Isola d'Elba (6), Isola d'Ischia (1), Sorrento (1), Massalumbrese (1), Isola di Procida (1), Golfo di Salerno (1), Golfo di S. Eufenia (2), Golfo di Taranto (2), Sardegna Costa Occidentale (7), Sardegna Costa Nord (22), Sicilia Costa Occidentale (2), Sicilia Costa Sud (4), Sicilia Orientale (7), Tripolitania (18), Cirenica (1)</ref>. L'industria del tonno, attività peculiare del bacino del Mediterraneo, ha utilizzato ed esaltato nei processi di lavorazione e conservazione del prodotto ittico, i suoi più tipici prodotti: l'olio d'oliva e il sale marino. Non è una casualità che molti stabilimenti di pesca fossero localizzati in vicinanza di saline. La Sardegna come la Sicilia, e altre località del ''Mare Nostrum'', erano così ricche di tonnare che, in alcuni tratti di mare le reti quasi si sovrapponevano. Per derimere le continue liti, non solo giudiziarie, che si generavano per questa vicinanza, fu necessario introdurre regole sul calo delle reti ad una certa distanza di rispetto sopravento e sottovento alla tonnara in pesca<ref>Regio regolamento sulla marina mercantile, Regie lettere patenti del 13 gennaio 1827, Cap. 10 del Codice di commercio Albertino, Della pesca, artt.101 e 103</ref>. Pietro Pavesi, docente di zoologia presso la Regia Università di Pavia, relatore dei lavori della Commissione parlamentare per le tonnare, istituita dal Re nel 1897 per studiare l'industria della lavorazione del tonno, ne annovera tra attive e abbandonate (spesso a causa dell'esposizione ai forti venti) oltre 40<ref>P. Pavesi, ''L'industria del tonno: Relazione alla Commissione reale per le tonnare del professor Pietro Pavesi'', in "Atti della Commissione Reale per le Tonnare del Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio", Tip. eredi Botta, Roma 1889</ref>. Le tonnare sarde erano localizzate nel Golfo dell'Asinara e lungo la costa occidentale dell'isola, con una grande concentrazione nelle isole di Carloforte e San Pietro, fino a Capo Carbonara nel Golfo di Cagliari<ref>F. Angotzi, ''L'industria delle tonnare in Sardegna'', Tipo-Litografia Luigi Pongetti, Bologna 1901</ref>. Nel Golfo dell'Asinara sono state ospitate nel corso dei secoli quelle di Vignola, Cala Agostina, Pedras de Fogu, Trabuccato (sita nell'Isola dell'Asinara) e la più produttiva, la Tonnara Saline, che si calava nell'estrema punta nord-occidentale della Sardegna. La Tonnara Saline, con il suo stabilimento ubicato presso la Torre delle Saline, ha segnato nel tempo la vita di un numero rilevante di pescatori e delle loro famiglie, la maggiro parte di originari di Camogli, in Liguria, che vivevano all'Asinara nel piccolo villaggio di Cala d'Oliva<ref>N. Giglio, ''L'Asinara'', Rebellato, Padova 1970.; A.G. Giordo, ''Asinara. Vicende storiche del suo popolamento'', Chiarella, Sassari 1970; M. Porcu Gaias, ''Sullo "Stato delle Anime" nel 1703'', in M. Gutierrez, A. Mattone, F. Valsecchi, ''L'Isola dell'Asinara. L'ambiente, la storia, il parco'', Poliedro, Nuoro 1998, pp. 69-75; P. Cau, L'''Asinara tra età moderna e contemporanea: storie di pastori e di pescatori'', in M. Gutierrez, A. Mattone, F. Valsecchi, ''L'Isola dell'Asinara. L'ambiente, la storia, il parco'', Poliedro, Nuoro 1998, pp. 76-83; M. T. Fadda, ''Le radici'', in F. Canu, M. Addis Saba, a cura di, ''Stintino. Vele e mare nel Golfo dell'Asinara'', Carlo Delfino editore, Sassari 1999, pp. 27-46</ref>. Questi infatti, una volta scacciati dall'isola nel 1885, a causa della sua demanializzazione, per diventare una colonia penale e una stazione sanitaria, scelsero di non allontanarsi dalle familiari poste di pesca, e in particolare dalla Tonnara Saline, che garantiva loro un reddito sicuro per alcuni mesi dell'anno, e tra di loro quarantacinque nuclei familiari decisero di stabilirsi nell'estremo lembo nord-occidentale della Sardegna, tra due insenature "Li Calanchi", chiamate dai locali "L'Isthintini", dove fondarono il loro villaggio, Stintino appunto, protetto dai venti dominanti e di fronte alla loro amata isola-madre<ref>V. Mossa, ''L'Istintino'', in "L'Isola", 18.12.1942; A. Penco, ''Ricordi di Mezzo Secolo. La borgata di Stintino (Sassari)'', Genova 1949; A.G. Giordo, ''Nascita e sviluppo di Stintino'', Gallizzi, Sassari 1969; G. Mondardini, ''Sortite antropologiche in una comunità di pescatori: la borgata di Stintino'', in M. Callari Galli, M. Combi, G. Harrison, G. Mondardini, ''Per una sociologia dei villaggi'', "Quaderni del Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università della Calabria", 16, luglio 1977, pp. 59-141 con appendice documentaria pp. 142-153; E. Delitala, ''Un villaggio di pescatori in Sardegna: Stintino'', "Lares", XLVI, 3, 1980, pp. 337-353 (contributo ora raccolto nel volume E. Delitala, ''Stintino nello sguardo etnografico di Enrica Delitala'', Collana "Quaderni Stintinesi/4", a cura di E. Ughi, S. Rubino, Edes, Sassari 2015); G. Mondardini, ''Villaggi di pescatori in Sardegna. Disgregazione e rurbanizzazione'', Collana "Tempo Spazio Società", 6, Iniziative Culturali, Sassari 1981 (contributo ora raccolto nel volume G. Mondardini Morelli, ''Stintino. Uno sguardo antropologico'', Collana "Quaderni Stintinesi/8", a cura di E. Ughi, V. Morelli, S. Rubino, Edes, Sassari 2017); E. Delitala, L''obster Fishing in a Sardinian Fishing Village: Stintino'', in B. Gunda, a cura di, ''The Fishing Culture of the World'', Akadémiai Kiadó, Budapest 1983, pp. 105-119 (contributo ora raccolto nel volume E. Delitala, ''Stintino nello sguardo etnografico di Enrica Delitala'', Collana "Quaderni Stintinesi/4", a cura di E. Ughi, S. Rubino, Edes, Sassari 2015); G. Mondardini, ''Le barche, le nasse e le reti'', in F. Canu, M. Addis Saba, a cura di, ''Stintino. Vele e mare nel Golfo dell'Asinara'', Carlo Delfino Editore, Sassari 1999, pp. 88-101 (contributo ora raccolto nel volume G. Mondardini Morelli, ''Stintino. Uno sguardo antropologico'', Collana "Quaderni Stintinesi/8", a cura di E. Ughi, V. Morelli, S. Rubino, Edes, Sassari 2017); M. Brigaglia, ''La Comunione dei Quarantacinque'', in Canu F., Addis Saba M., a cura di, ''Stintino. Vele e mare nel Golfo dell'Asinara'', Carlo Delfino editore, Sassari 1999, pp. 141-151; G. Mondardini, ''Un paese di mare e le sue narrazioni: Stintino'', "Lares", LXXI, 3, 2005, pp. 655-668; S. Rubino, E. Ughi, ''Stintino, cartoline sul filo della memoria'', Edes, Sassari 2009; S. Rubino, ''La storia'', in B. Sanna, a cura di, ''Stintino e l'Asinara. Patrimonio culturale. Sardegna'', Regione Autonoma della Sardegna, Cagliari 2012, pp. 17-21; V. Calvisi, ''Da Posthu Camugli a Li Calanchi. Il lessico marinaresco del dialetto stintinese'', con prefazione di F. Toso, Collana "Quaderni stintinesi/9", a cura di E. Ughi, S. Rubino, Edes, Sassari 2018</ref>. Le vicende della Tonnara Saline sono state ricostruite dal prof. Salvatore Rubino che agli inizi degli anni Novanta del XX secolo ha cominciato a studiare i documenti di archivio privati e pubblici e a raccogliere le testimonianze di coloro che sono stati i protagonisti di questa attività<ref>S. Rubino, ''La Tonnara Saline. Tradizioni e riti di una tonnara'', La Celere, Alghero 1995</ref>. Questo periodo non solo ha visto la pubblicazione di importanti studi sul tema, sia scientifici sia divulgativi<ref>S. Rubino, ''La pesca del tonno'', in G. Mondardini, a cura di, ''Pesca e pescatori in Sardegna. Mestieri del mare e delle acque interne'', Silvana editoriale, Cinisello Balsamo - Milano 1997; S. Rubino, ''Storie della tonnara'', in F. Canu, M. Addis Saba, a cura di, ''Stintino. Vele e mare nel Golfo dell'Asinara'', Carlo Delfino editore, Sassari 1999, pp. 103-119; L. Bigio, Adria Serci, S. Rubino, G. Peragallo, ''Mattanza'', "Mare Nostrum", gennaio-aprile 2000, pp. 27-36 (con foto di Francesco Cito e Antonio Mannu); S. Rubino, ''La Tonnara Saline: tra passato e presente'', in G. Doneddu, A. Fiori, a cura di, ''La pesca in Italia tra età moderna e contemporanea. Produzione, mercato, consumo. Atti del Convegno di Studi, Alghero-Cabras, 7-9 Dicembre 2001'', Sassari 2003, pp. 249-262; S. Rubino, ''La Tonnara Saline di Stintino'', in G. Mondardini Morelli, a cura di, ''Emozioni dal mondo del mare'', Edes, Sassari 2010, pp. 75-86; S. Rubino, E. Ughi, ''Stintino, cartoline sul filo della memoria'', Edes, Sassari 2009; S. Rubino, E. Ughi, ''La pesca tradizionale a Stintino. Tra recupero della memoria, cultura e identità'', in S. Rubino, E. Ughi, a cura di, ''Stintino tra terra e mare, Atti del Convegno di Studi, Stintino, Sala consiliare – 4 settembre 2010'', Collana "Quaderni stintinesi/1", Edes, Sassari 2011, pp. 145-163; E. Ughi, N. Ravazza, S. Rubino (con la collaborazione di G. Mondardini Morelli), ''L'ultimo rais della Tonnara Saline. La storia di Agostino Diana pescatore di Stintino'', Collana "Quaderni Stintinesi/2", Edes, Sassari 2011; S. Rubino, ''Il sistema delle tonnare'', in B. Sanna, a cura di, ''Stintino e l'Asinara. Patrimonio culturale. Sardegna'', Regione Autonoma della Sardegna, Cagliari 2012, pp. 29-32; E. Ughi, M.V. Benenati, S. Rubino (a cura di), ''Beppe Anfossi. Di Acqua e di Tonnara. Racconti di vita di un romantico capitano d'industria genovese'', Collana "Quaderni Stintinesi/3", Edes, Sassari 2012; E. Ughi. S. Rubino, ''La Tonnara Saline e lo stabilimento per la lavorazione industriale del tonno'', in A. Capitta, a cura di, ''exFabrica 1914. Capitani d'industria a Sassari'', Mediando, Sassari 2014, pp. 131-134; sulla Tonnara Saline si vedano anche G. Mondardini, ''La tonnara fra lavoro e rituale'', in S. Rubino, P. Dessy, a cura di, ''Museo della tonnara. Il ricordo della memoria: Stintino'', La Celere, Alghero 1994, pp. 29-31; G. Mondardini, ''La tonnara nella cultura marinara'', "Civiltà del mare", X, 2, 1999, pp. 7-9 (entrambe i contributi ora sono raccolti nel volume G. Mondardini Morelli, ''Stintino. Uno sguardo antropologico'', Collana "Quaderni Stintinesi/8", a cura di E. Ughi, V. Morelli, S. Rubino, Edes, Sassari 2017)</ref>, ma anche la realizzazione del primo museo dedicato al tema della tonnara, il Museo della tonnara. Il ricordo della memoria, che fu realizzato, su impulso e idea progettuale di Salvatore Rubino, nel 1994 e la cui funzione comunicativa era affidata completamente alla struttura-esposizione, articolata come l'isola, l'insieme di reti che costituiscono il dedalo della tonnara e all'utilizzo di suoni, colori, immagini e video evocativi dell'ambiente e delle atmosfere che appunto si intendeva comunicare<ref>S. Rubino, P. Dessy, a cura di, ''Museo della Tonnara. Il ricordo della memoria. Stintino'', La Celere Editrice, Alghero 1994; P. Dessy, S. Rubino, a cura di, S''ul filo della memoria della gente di mare. La tonnara, mostra del Museo della Tonnara di Stintino'', Alghero 12-25 giugno 1995, Torres De S. Jaume – De l'Esperó Reial – De S. Joan, La Celere Editrice, Alghero 1995. Per una riflessione sul progetto espositivo si veda E. Ughi, ''Dal Museo della Tonnara al Museo di Comunità'', in S. Rubino, E. Ughi, a cura di, ''Stintino tra terra e mare. Atti del Convegno di Studi, Stintino, Sala consiliare – 4 settembre 2010'', Collana "Quaderni stintinesi/1", Edes, Sassari 2011, pp. 171-185</ref>. Nel 2016 è stato aperto il nuovo Museo della Tonnara di Stintino, il MuT, nella nuova sede di via Lepanto, nel ristrutturato edificio che ospitava nel passato lo stabilimento ALPI (Azienda Lavorazione Produzione Ittica) https://ift.tt/2ThiIGB A scopo illustrativo la storia della Tonnara Saline può essere suddivisa in tre periodi: il primo corrispondente al massimo fulgore dell'attività, il periodo storico (1602-1964), prendendo come anno di riferimento quello riportato nei documenti d'archivo con i dati sul pescato. Questo periodo, di oltre trecento anni, vide grandi stagioni di pesca, alternati ad anni di profonda crisi; il secondo periodo, quello del rilancio (1969-1974) che risultò nel suo complesso fallimentare a cusa degli alti costi di gestione e del ridotto numero di prede catturate, fu però caratterizzato da una partecipazione diretta nella gestione della pesca, per la prima volta nella sua storia, della Cooperativa Pescatori di Stintino; l'ultimo periodo (1996-1999), fu quello sperimentale, dopo tanti anni di chiusura sulla scia del fenomeno del ritorno delle tonnare.
Il periodo storico.
L'origine della Tonnara Saline è coeva all'installazione dei primi dedali di rete in Sardegna (Calagostina, Portoscuso, Porto Paglia, Porto Caterina di Pittinuri) ad opera del mercante genovese Pietro Porta, promotore di questa attività nel 1587<ref>G. Doneddu, ''Le tonnare in Sardegna, 1500-1800'', "Società e Storia" 21, pp. 535-563; G. Doneddu, ''La pesca nelle acque del Tirreno (secoli XVII-XVIII)'', Edes, Sassari, 2002</ref>. Tuttavia alcuni documenti sulla commercializzazione del tonno in Sardegna, come riportato da Giuseppe Doneddu, sono antecedenti anche a questo periodo: la pesca infatti era esercitata sicuramente già dal 1515. Il pioniere dei locatori sembrerebbe essere stato il genovese Giovanni Antonio Martino, il quale ottenne la concessione di tutte le tonnare del Golfo dell'Asinara dalla Regia corte spagnola<ref>A. Saiu Deidda, ''Genova in Sardegna. Studi sui genovesi in Sardegna fra Medioevo ed età contemporanea'', CUEC editrice, Cagliari 2000</ref>. Il primo studio particolareggiato sul mondo delle tonnare si deve a Francesco Cetti, docente dell'Università di Sassari, il quale afferma che la Tonnara Saline doveva essere attiva già dalla fine del Cinquecento<ref>F. Cetti, ''Anfibi e pesci della Sardegna'', Giuseppe Piattoli editore, Sassari 1778</ref>; anche se i primi dati sulla quantità di barili di tonno prodotti sono risalenti al 1602 come attestato in un documento conservato presso l'Archivio della Corona di Aragona in Barcellona, nel quale inoltre è riportato che da almeno cinque anni nei territori della Nurra si confezionavano dai 3.000 ai 4.500 barili di tonno; un documento successivo, risalente al 1604, attesta la produzione di 2.097 barili. La Tonnara Saline, sempre patrimonio regio, fu richiesta da diversi imprenditori interessati alla commercializzazione del tonno i quali in un susseguirsi di alterne vicende guadagnarono ingenti fortune, ma spesso andarono anche incontro a rovinosi fallimenti, causati dalla loro scarsa solidità finanziaria, poiché il primo bilancio di questa attività si poteva fare solo dopo un quinquennio. Il primo proprietario può essere considerato il nobile genovese Gerolamo Vivaldi il quale, nel 1654, acquistò dal re Filippo IV di Spagna, per 330 mila scudi, le principali tonnare sarde (Saline, Portoscuso, Porto Paglia, Porto Santa Caterina di Pittinuri, Porto Cala Agostina e Porto Vignola, oltre ad una salina). I Vivaldi successivamente diedero la Tonnara Saline in concessione a diversi locatori liguri e sardi fino al 1868, anno nel quale un forte sodalizio genovese composto principalmente dalle famiglie Anfossi, Bigio e Pretto l'acquisì per un periodo di prova, che si rivelò poco proficuo a causa della scarsa pesca, ma che non scoraggiò il lungimirante gruppo di imprenditori che nel 1881 acquistò la tonnara. Essi ottennero in seguito straordinarie campagne di pesca e mantennero il controllo della gestione per quasi un secolo attraverso diverse formule societarie fino agli anni Settanta del XX secolo, quando l'attività della tonnara cessò definitivamente e le strutture dello stabilimento e della ciurma furono vendute per risanare i debiti delle ultime infruttuose stagioni<ref>S. Rubino, ''La Tonnara Saline. Tradizioni e riti di una tonnara'', La Celere, Alghero 1995, pp. 24-30</ref>. Analizzando i dati della pesca contenuti nei libri contabili e nei documenti di archivio è possibile ricostruire una parziale statistica della pesca nella Tonnara Saline, a partire dall'anno 1620 fino al 1964; ad esempio scarsamente documentata è la pesca nel Settecento, si conoscono infatti i dati relativi solo al 1787 con 2.200 tonni catturati; nel 1836 si nota il valore stagionale più basso del secolo con soli 925 tonni catturati, mentre il 1878 e il 1879 risultano stagioni eccezionali con la cattura, rispettivamente, di 10.305 e 13.567 prede. Il secolo XIX è caratterizzato da una crisi, con una media stagionale di 4.000 prede catturate, che porterà ad una inesorabile e progressiva riduzione del pescato fino agli anni della cessazione dell'attività<ref>P. Amat di San Filippo, ''La pesca del tonno in Sardegna dal secolo XVI al secolo XIX, con note statistiche'', "Rivista economica della Sardegna" I, fase 3, 1877; P. Pavesi, ''L'industria del tonno: Relazione alla Commissione reale per le tonnare del professor Pietro Pavesi'', in "Atti della Commissione Reale per le Tonnare del Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio", Tip. eredi Botta, Roma 1889; F. Cherchi Paba, ''L'evoluzione storica dell'attività industriale, agricola, caccia e pesca'', voll. I-II, Stocchiero, Vicenza 1974 e voll. III-IV STEFF, Cagliari 1977; S. Rubino, ''La Tonnara Saline. Tradizioni e riti di una tonnara'', La Celere, Alghero 1995, pp. 225-240; oltre alle voci bibliografiche è possibile consultare (con richiesta scritta), presso il MuT - Museo della Tonnara di Stintino, l'Archivio della Tonnara Saline, oggi anche digitalizzato</ref>. È interessante notare in queste statistiche un fenomeno di ciclicità già evidenziato da Massimo Sella, direttore del Regio Istituto di Biologia Marina per l'Adriatico di Rovigno d'Istria, il quale compì numerosi studi sulla Tonnara Saline negli anni Trenta del XX secolo. Tale fenomeno fu messo in relazione anche con le fluttuazioni della pesca delle aringhe<ref>M. Sella, ''Migrazioni e habitat del tonno (''Thunnus thynnus L.'') studiati col metodo degli ami, con osservazioni sull'accrescimento, sul regime delle tonnare ecc.'', in Memoria CLVI del Regio Comitato Talassografico Italiano", Venezia 1929, pp. 511-542</ref>. Nel 1879, proprio quando nella Tonnara Saline si ebbe il massimo picco di quantità di pescato, una nuova crisi colpì il mondo delle tonnare, essenzialmente commerciale, legata proprio all'abbondanza dei tonni, e alla loro lavorazione. Un gruppo di imprenditori italiani ritenne più conveniente inscatolare il tonno sott'olio in Spagna per immetterlo successivamente sui mercati italiani a basso costo, creando ingenti problemi di sovrabbondanza di prodotto sul mercato nazionale<ref>Si trattava delle ditte Angelo Parodi, Rahola-Ansaldo, Fratelli Costa; cfr. P. Pavesi, ''L'industria del tonno: Relazione alla Commissione reale per le tonnare del professor Pietro Pavesi'', in "Atti della Commissione Reale per le Tonnare del Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio", Tip. eredi Botta, Roma 1889</ref>. Si formò spontaneamente e rapidamente un grande fronte di opposizione sostenuto nell'isola dai giornali locali, che vide lottare insieme proprietari, tonnarotti (nelle tonnare sarde erano impiegate più di mille persone, oltre agli operai addetti alla lavorazione a terra) e consigli comunali; tra questi ultimi particolarmente attivo fu quello di Carloforte, che fece pressione sul Parlamento Nazionale, tramite i propri parlamentari, affinché fossero adottate misure protezionistiche, come l'aumento dei dazi. Fu istituita una commissione parlamentare che lavorò per quasi quattro anni al fine di accertare lo stato dell'industria delle Tonnare in Italia; le relazioni di questi lavori sono ancora oggi, per la ricchezza di informazioni, uno dei più straordinari documenti su questo affascinante mondo<ref>P. Boselli, S. Cannizzaro, F. Ghiglieri, F. Pais, P. Pavesi, S. Ottolenghi, ''Relazione alla Commissione Reale per le Tonnare. Atti della Commissione Reale delle Tonnare'', Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Tip. E. Botta, Roma 1889</ref>. In quegli anni la Tonnara Saline fu una delle più produttive del Mediterraneo, infatti Pietro Pavesi, relatore della Commissione, la inserì tra quelle classificate di primo ordine insieme a quelle di Favignana e Formica in Sicilia, di Portoscuso e Isola Piana nel Sulcitano e di Sidi Dau in Tunisia. Purtroppo però a partire dal 1916 non fu più raggiunta nella Tonnara Saline la cattura di più di 2.000 tonni a stagione, salvo le eccezioni del 1922 (2655 tonni) e del 1958 (2220 tonni). La Tonnara Saline interruppe la sua attività, a seguito di ingenti perdite, nel 1964, con una stagione che vide tutto sommato un numero non irrisorio, 940, di tonni catturati; ma già l'anno prima non era stata calata per disaccordi salariali con la ciurma. Più o meno nello stesso periodo chiusero quasi tutte le tonnare italiane più gloriose.
Il rilancio della Tonnara Saline.
Alla fine degli anni Sessanta del XX secolo un nuovo gruppo di imprenditori investì nel rilancio dell'attività della Tonnara Saline. Essi costituirono la società SVINMARE - Sviluppo Industriale, che operò dal 1969 al 1974. Nel 1972 venne siglato prima un accordo con i tonnarotti e in seguito con la Cooperativa Pescatori, per il comodato d'uso delle attrezzature da pesca. I cambiamenti apportati furono numerosi, dalle innovazioni tecnologiche nei materiali di pesca (la pesante rete di filo di cocco fu sostituita dal più leggero meracryl), alla riduzione del numero di operatori assegnato alla ciurma di mare, mentre rimase immutato il disegno a sei camere della tonnara che veniva calata in mare nella stessa zona. Inoltre la società si occupava solo della pesca, mentre la lavorazione e l'inscatolamento delle carni veniva fatta altrove (in alcuni casi a Carloforte presso gli stabilimenti della Ligure Sarda), non essendo più in funzione il vecchio stabilimento. Nel 1970, dopo una breve parentesi con un Rais carlofortino, divenne capopesca Agostino Diana, già presidente della Cooperativa Pescatori, uomo di grande carisma ed intelligenza. I tonni catturati negli anni 1969-1974 furono solo 755, certamente un numero esiguo rispetto al passato e alle aspettative degli imprenditori. Nel 1973, la tonnara fu calata all'Asinara, partendo dal presupposto che era necessario spostarsi dagli stabilimenti del Petrolchimico di Porto Torres. Fu scelta la punta Barbarossa, più protetta rispetto al sito tradizionale dell'antica Tonnara del Trabuccato, nella cala omonima, che in passato aveva dato buoni risultati; ma in tonnara non si vide un tonno. La fine della pesca del tonno a Stintino fu dovuta sicuramente a molteplici cause, le stesse che in parte avevano contribuito alla chiusura delle altre tonnare mediterranee, attribuibili soprattutto agli ingenti sforzi economici necessari per finanziare l'impresa e che troppo spesso non erano ripagati dai risultati di pesca. Tuttavia a dare il colpo fatale alla Tonnara Saline furono indubbiamente le condizioni ambientali: nel Golfo dell'Asinara era in piena attività in quegli anni un'industria petrolchimica di grandi dimensioni che causava un inquinamento non solo chimico, ma anche acustico del mare per l'intenso traffico delle petroliere; a queste motivazioni si può aggiungere non ultima la progressiva urbanizzazione delle coste e le condizioni più generali di inquinamento dei mari<ref>S. Rubino, ''La Tonnara Saline. Tradizioni e riti di una tonnara'', La Celere, Alghero 1995</ref>.
Il ritorno delle tonnare e la rivoluzione delle attrezzature.
Negli anni Novanta del XX secolo in Sardegna le tonnare del sulcitano, principalmente quella dell'Isola di S. Pietro seguita da quella di Portoscuso, fecero registrare un ottimo rendimento del pescato<ref>P. Addis, S. Campisi, D. Cuccu, M.C. Follesa, M. Murenu, A. Sabatini, E. Secci, A. Cau, ''La pesca del tonno rosso (''Thunnus thynnus L.'') in Sardegna: indagine sull'attività delle tonnare dal 1991 al 1998'', "Biologia Marina Mediterranea", 5, 3, 1998, pp. 252-257</ref>. Quindi il fenomeno del rilancio delle tonnare si configurava come un'attività economica alternativa per quelle comunità che affrontavano la crisi della produzione industriale, sicuramente abbastanza remunerativa sia per gli imprenditori della pesca, sia per gli stessi tonnarotti, anche perché in quegli anni si faceva sempre più pressante la richiesta di questo particolare prodotto ittico da parte del mercato orientale che lo remunerava in maniera adeguata. Inoltre in quegli stessi anni si era sviluppato un crescente interesse da parte delle istituzioni regionali, con il promulgamento di una legge a favore della pesca del 1998 e una sempre più crescente attenzione nei confronti di questa attività da parte della comunità scientifica con l'organizzazione di convegni, seminari e attività editoriali, delle comunità locali con sagre e festival del tonno (legate alla valorizzazione turistica di un territorio di incredibile bellezza) e dei mass media attraverso numerose trasmissioni televisive. Sulla base di queste considerazioni particolarmente valide per il sud della Sardegna, anche a Stintino nel 1996 si verificarono le condizioni per calare ancora la tonnara, sulla spinta di una serie di eventi favorevoli come la creazione di un museo sull'argomento, ma soprattutto grazie al coinvolgimento della comunità locale, attraverso un gruppo di giovani e di alcuni anziani pescatori, più esperti. Fu costituita la Società Stintino Tonnare Nord-Ovest Sardegna e la nuova tonnara fu ubicata esattamente nella stessa posizione dell'antica Tonnara Saline. Per la costituzione della ciurma fu coinvolta la locale Cooperativa Pescatori, che fornì la manodopera, ingaggiando da una parte il personale che aveva già operato nella Tonnara Saline fino agli anni Settanta con il rais Agostino Diana, che nella stagione 1997 si cimentò ancora nel ruolo di capopesca, dall'altra con l'assunzione di giovani pescatori inesperti, favorendo così la rinascita di una professionalità, quella del pescatore di tonno, che aveva nel paese di Stintino grandi tradizioni e che si stava perdendo nel tempo. Le campagne di pesca relative agli anni 1996 e 1997 non produssero alcun esito, salvo la cattura di un certo numero di pescispada e di qualche tonno ammagliato nella rete, mentre nel 1998, grazie soprattutto alle modifiche apportate alla rete, fu effettuato un discreto numero di catture, mentre i risultati negativi del 1999, sancirono la chiusura definitiva della Tonnara Saline. Nella campagna di pesca del 1998, dal 9 maggio al 16 giugno, fu utilizzata una tonnara modificata con un'imboccatura di tipo portoghese , dotata di una struttura chiamata "inganno", che impediva ai tonni di uscire. La ciurma impegnata nelle attività di pesca era composta da 27 uomini, più il Rais e il vice Rais. Il barcareccio comprendeva un paliscarmotto (14 m), una musciarra (9 m), due bastarde (9 m), un barbariccio (4 m) e due rimorchi. Nel corso di due mattanze, rispettivamente il 21 ed il 29 maggio 1998, furono complessivamente pescati 52 esemplari di ''Thunnus thynnus'', di peso eviscerato compreso tra 28 e 300 kg., di cui 21 erano ammagliati nelle reti. Sono state effettuate inoltre numerose catture accessorie soprattutto esemplari di pescespada (''Xiphias gladius'') e di aguglia imperiale (''Tetrapturus belone'')<ref>A. Pais, L.A. Chessa, R. Cappuccinelli, S. Rubino, S. Serra, F. Mura, ''La pesca del tonno rosso a Stintino (Sardegna Nord-Occidentale): una risorsa da rivalutare'', "Biologia Marina Mediterranea", 7, 1, 2000, pp. 817-818</ref>. La tonnara è stata inoltre lo strumento per partecipare a importanti esperimenti scientifici volti allo studio delle migrazioni dei tonni. La conoscenza del percorso effettuato dai tonni e le ipotesi delle rotte seguite dai branchi è stato sempre un argomento di grande interesse per gli studiosi e viene descritto anche dagli autori classici. I primi approcci scientifici furono legati agli studi sul rinvenimento nel corpo dei tonni di ami di diversa fattura o piombi di lenze particolari usati in alcuni specifici distretti di pesca. In questo modo è stato possibile notare che tonni pescati nel Mediterraneo avevano ami usati dai pescatori del Mar Atlantico. Nella Tonnara dell'Isola Piana ad esempio furono trovati ami tipici delle Azzorre<ref>M. Sella, ''Migrazioni e habitat del tonno (''Thunnus thynnus L.'') studiati col metodo degli ami, con osservazioni sull'accrescimento, sul regime delle tonnare ecc.'', in Memoria CLVI del Regio Comitato Talassografico Italiano", Venezia 1929, pp. 511-542</ref>. Allo scopo di fornire un contributo di conoscenza sulla circolazione dei tonni nel Mediterraneo, nella campagna di pesca del 1998 fu organizzata una sessione di marcatura con la tecnica "pop-off satellite tags". Il progetto portato avanti con la collaborazione del Rais Diana e della sua ciurma, era diretto dal Prof. Gregorio De Metrio dell'Università di Bari con un gruppo di studio comprende ricercatori di diversi paesi europei, dell'Università di Sassari e del Centro Studi sulla Civiltà del Mare e per la valorizzazione del Golfo e del Parco dell'Asinara di Stintino<ref>G. De Metrio, M. Deflorio, G.P. Arnold, A. Buckley, J.M. De La Serna, C. Yannopoulos, P. Megalofonou, G. Sylos Labini, M. Pappalepore, J.L. Cort, ''Marcatura di'' Thunnus Thinnus'': uno strumento per lo studio delle rotte del tonno rosso'', in G. Doneddu, A. Fiori, a cura di, ''La pesca in Italia tra età moderna e contemporanea. Produzione, mercato, consumo. Atti del Convegno di Studi, Alghero-Cabras, 7-9 Dicembre 2001'', Sassari 2003, pp. 239-247</ref>. L'esperienza della Tonnara di Stintino, il movimento culturale-scientifico che si è sviluppato intorno a questo fenomeno, sostenuto dall'Amministrazione comunale e dalla Proloco portarono ad alcune riflessioni sull'utilità delle Tonnare come strumento di salvaguardia della pesca del tonno. Negli anni Novanta le catture di Thunnus thynnus fecero registrare un costante incremento dovuto soprattutto al crescente interesse da parte del mercato giapponese<ref>L. Sion, M. Cacucci, G. De Metrio, ''Giovani ed adulti di tonno rosso (''Thunnus thynnus L., Pisces, Scombridae'') catturati dalle reti a circuizione italiane nel 1995'', "Biologia Marina Mediterranea", 5, 1, 1998, pp. 317-323</ref>. Ad esempio nel 1999 i dati statistici dell'ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tuna) indicavano una quantità di 30.000 tonnellate annue di tonno rosso (''Thunnus thynnus'') pescate nel bacino del Mediterraneo<ref>ICCAT (1998) – Report for biennal period, 1996-97. Part II (1997)- Vol. 2.</ref>. In quegli anni la pesca, sollecitata dalla forte domanda dei mercati orientali, era effettuata con tecniche distruttive e non selettive, soprattutto ad opera delle cosiddette "tonnare volanti", utilizzate soprattutto nell'Atlantico che catturavano esemplari di giovanissima età. Il rischio di una erosione degli "stock" di tonno rosso era molto forte e preoccupante e generò problemi di gestione determinando, a partire dal 1997, un regime di quote di pesca. In questo contesto la conservazione e il rilancio delle tonnare fisse, era di estrema attualità per diversi motivi non solo antropologico-culturali ma anche legati alle caratteristiche stesse della pesca. Infatti le tonnare fisse catturavano i tonni solo in un determinato periodo dell'anno, in particolari condizioni ambientali favorevoli. Inoltre costituivano un importante laboratorio scientifico per lo studio in vivo del tonno rosso permettendo di approfondire sia gli aspetti biologici della specie, sia quelli relativi alle migrazioni genetiche e trofiche<ref>S. Rubino, G. De Metrio, I. Oray, P. Megalofonou, A. Vella, V. Susca., A. Pais, R. Cappuccinelli, T. Bolorino, A. Diana, ''Proposte per la razionalizzazione della pesca professionale del tonno rosso (''Thunnus thynnus'') in Mediterraneo'', "Civiltà del Mare", X, 2, 1999 p. 3; cfr. S. Torre, ''Le magie del tonno'', Marsilio editore, Venezia 1999</ref>.
Il periodo storico.
L'origine della Tonnara Saline è coeva all'installazione dei primi dedali di rete in Sardegna (Calagostina, Portoscuso, Porto Paglia, Porto Caterina di Pittinuri) ad opera del mercante genovese Pietro Porta, promotore di questa attività nel 1587<ref>G. Doneddu, ''Le tonnare in Sardegna, 1500-1800'', "Società e Storia" 21, pp. 535-563; G. Doneddu, ''La pesca nelle acque del Tirreno (secoli XVII-XVIII)'', Edes, Sassari, 2002</ref>. Tuttavia alcuni documenti sulla commercializzazione del tonno in Sardegna, come riportato da Giuseppe Doneddu, sono antecedenti anche a questo periodo: la pesca infatti era esercitata sicuramente già dal 1515. Il pioniere dei locatori sembrerebbe essere stato il genovese Giovanni Antonio Martino, il quale ottenne la concessione di tutte le tonnare del Golfo dell'Asinara dalla Regia corte spagnola<ref>A. Saiu Deidda, ''Genova in Sardegna. Studi sui genovesi in Sardegna fra Medioevo ed età contemporanea'', CUEC editrice, Cagliari 2000</ref>. Il primo studio particolareggiato sul mondo delle tonnare si deve a Francesco Cetti, docente dell'Università di Sassari, il quale afferma che la Tonnara Saline doveva essere attiva già dalla fine del Cinquecento<ref>F. Cetti, ''Anfibi e pesci della Sardegna'', Giuseppe Piattoli editore, Sassari 1778</ref>; anche se i primi dati sulla quantità di barili di tonno prodotti sono risalenti al 1602 come attestato in un documento conservato presso l'Archivio della Corona di Aragona in Barcellona, nel quale inoltre è riportato che da almeno cinque anni nei territori della Nurra si confezionavano dai 3.000 ai 4.500 barili di tonno; un documento successivo, risalente al 1604, attesta la produzione di 2.097 barili. La Tonnara Saline, sempre patrimonio regio, fu richiesta da diversi imprenditori interessati alla commercializzazione del tonno i quali in un susseguirsi di alterne vicende guadagnarono ingenti fortune, ma spesso andarono anche incontro a rovinosi fallimenti, causati dalla loro scarsa solidità finanziaria, poiché il primo bilancio di questa attività si poteva fare solo dopo un quinquennio. Il primo proprietario può essere considerato il nobile genovese Gerolamo Vivaldi il quale, nel 1654, acquistò dal re Filippo IV di Spagna, per 330 mila scudi, le principali tonnare sarde (Saline, Portoscuso, Porto Paglia, Porto Santa Caterina di Pittinuri, Porto Cala Agostina e Porto Vignola, oltre ad una salina). I Vivaldi successivamente diedero la Tonnara Saline in concessione a diversi locatori liguri e sardi fino al 1868, anno nel quale un forte sodalizio genovese composto principalmente dalle famiglie Anfossi, Bigio e Pretto l'acquisì per un periodo di prova, che si rivelò poco proficuo a causa della scarsa pesca, ma che non scoraggiò il lungimirante gruppo di imprenditori che nel 1881 acquistò la tonnara. Essi ottennero in seguito straordinarie campagne di pesca e mantennero il controllo della gestione per quasi un secolo attraverso diverse formule societarie fino agli anni Settanta del XX secolo, quando l'attività della tonnara cessò definitivamente e le strutture dello stabilimento e della ciurma furono vendute per risanare i debiti delle ultime infruttuose stagioni<ref>S. Rubino, ''La Tonnara Saline. Tradizioni e riti di una tonnara'', La Celere, Alghero 1995, pp. 24-30</ref>. Analizzando i dati della pesca contenuti nei libri contabili e nei documenti di archivio è possibile ricostruire una parziale statistica della pesca nella Tonnara Saline, a partire dall'anno 1620 fino al 1964; ad esempio scarsamente documentata è la pesca nel Settecento, si conoscono infatti i dati relativi solo al 1787 con 2.200 tonni catturati; nel 1836 si nota il valore stagionale più basso del secolo con soli 925 tonni catturati, mentre il 1878 e il 1879 risultano stagioni eccezionali con la cattura, rispettivamente, di 10.305 e 13.567 prede. Il secolo XIX è caratterizzato da una crisi, con una media stagionale di 4.000 prede catturate, che porterà ad una inesorabile e progressiva riduzione del pescato fino agli anni della cessazione dell'attività<ref>P. Amat di San Filippo, ''La pesca del tonno in Sardegna dal secolo XVI al secolo XIX, con note statistiche'', "Rivista economica della Sardegna" I, fase 3, 1877; P. Pavesi, ''L'industria del tonno: Relazione alla Commissione reale per le tonnare del professor Pietro Pavesi'', in "Atti della Commissione Reale per le Tonnare del Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio", Tip. eredi Botta, Roma 1889; F. Cherchi Paba, ''L'evoluzione storica dell'attività industriale, agricola, caccia e pesca'', voll. I-II, Stocchiero, Vicenza 1974 e voll. III-IV STEFF, Cagliari 1977; S. Rubino, ''La Tonnara Saline. Tradizioni e riti di una tonnara'', La Celere, Alghero 1995, pp. 225-240; oltre alle voci bibliografiche è possibile consultare (con richiesta scritta), presso il MuT - Museo della Tonnara di Stintino, l'Archivio della Tonnara Saline, oggi anche digitalizzato</ref>. È interessante notare in queste statistiche un fenomeno di ciclicità già evidenziato da Massimo Sella, direttore del Regio Istituto di Biologia Marina per l'Adriatico di Rovigno d'Istria, il quale compì numerosi studi sulla Tonnara Saline negli anni Trenta del XX secolo. Tale fenomeno fu messo in relazione anche con le fluttuazioni della pesca delle aringhe<ref>M. Sella, ''Migrazioni e habitat del tonno (''Thunnus thynnus L.'') studiati col metodo degli ami, con osservazioni sull'accrescimento, sul regime delle tonnare ecc.'', in Memoria CLVI del Regio Comitato Talassografico Italiano", Venezia 1929, pp. 511-542</ref>. Nel 1879, proprio quando nella Tonnara Saline si ebbe il massimo picco di quantità di pescato, una nuova crisi colpì il mondo delle tonnare, essenzialmente commerciale, legata proprio all'abbondanza dei tonni, e alla loro lavorazione. Un gruppo di imprenditori italiani ritenne più conveniente inscatolare il tonno sott'olio in Spagna per immetterlo successivamente sui mercati italiani a basso costo, creando ingenti problemi di sovrabbondanza di prodotto sul mercato nazionale<ref>Si trattava delle ditte Angelo Parodi, Rahola-Ansaldo, Fratelli Costa; cfr. P. Pavesi, ''L'industria del tonno: Relazione alla Commissione reale per le tonnare del professor Pietro Pavesi'', in "Atti della Commissione Reale per le Tonnare del Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio", Tip. eredi Botta, Roma 1889</ref>. Si formò spontaneamente e rapidamente un grande fronte di opposizione sostenuto nell'isola dai giornali locali, che vide lottare insieme proprietari, tonnarotti (nelle tonnare sarde erano impiegate più di mille persone, oltre agli operai addetti alla lavorazione a terra) e consigli comunali; tra questi ultimi particolarmente attivo fu quello di Carloforte, che fece pressione sul Parlamento Nazionale, tramite i propri parlamentari, affinché fossero adottate misure protezionistiche, come l'aumento dei dazi. Fu istituita una commissione parlamentare che lavorò per quasi quattro anni al fine di accertare lo stato dell'industria delle Tonnare in Italia; le relazioni di questi lavori sono ancora oggi, per la ricchezza di informazioni, uno dei più straordinari documenti su questo affascinante mondo<ref>P. Boselli, S. Cannizzaro, F. Ghiglieri, F. Pais, P. Pavesi, S. Ottolenghi, ''Relazione alla Commissione Reale per le Tonnare. Atti della Commissione Reale delle Tonnare'', Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Tip. E. Botta, Roma 1889</ref>. In quegli anni la Tonnara Saline fu una delle più produttive del Mediterraneo, infatti Pietro Pavesi, relatore della Commissione, la inserì tra quelle classificate di primo ordine insieme a quelle di Favignana e Formica in Sicilia, di Portoscuso e Isola Piana nel Sulcitano e di Sidi Dau in Tunisia. Purtroppo però a partire dal 1916 non fu più raggiunta nella Tonnara Saline la cattura di più di 2.000 tonni a stagione, salvo le eccezioni del 1922 (2655 tonni) e del 1958 (2220 tonni). La Tonnara Saline interruppe la sua attività, a seguito di ingenti perdite, nel 1964, con una stagione che vide tutto sommato un numero non irrisorio, 940, di tonni catturati; ma già l'anno prima non era stata calata per disaccordi salariali con la ciurma. Più o meno nello stesso periodo chiusero quasi tutte le tonnare italiane più gloriose.
Il rilancio della Tonnara Saline.
Alla fine degli anni Sessanta del XX secolo un nuovo gruppo di imprenditori investì nel rilancio dell'attività della Tonnara Saline. Essi costituirono la società SVINMARE - Sviluppo Industriale, che operò dal 1969 al 1974. Nel 1972 venne siglato prima un accordo con i tonnarotti e in seguito con la Cooperativa Pescatori, per il comodato d'uso delle attrezzature da pesca. I cambiamenti apportati furono numerosi, dalle innovazioni tecnologiche nei materiali di pesca (la pesante rete di filo di cocco fu sostituita dal più leggero meracryl), alla riduzione del numero di operatori assegnato alla ciurma di mare, mentre rimase immutato il disegno a sei camere della tonnara che veniva calata in mare nella stessa zona. Inoltre la società si occupava solo della pesca, mentre la lavorazione e l'inscatolamento delle carni veniva fatta altrove (in alcuni casi a Carloforte presso gli stabilimenti della Ligure Sarda), non essendo più in funzione il vecchio stabilimento. Nel 1970, dopo una breve parentesi con un Rais carlofortino, divenne capopesca Agostino Diana, già presidente della Cooperativa Pescatori, uomo di grande carisma ed intelligenza. I tonni catturati negli anni 1969-1974 furono solo 755, certamente un numero esiguo rispetto al passato e alle aspettative degli imprenditori. Nel 1973, la tonnara fu calata all'Asinara, partendo dal presupposto che era necessario spostarsi dagli stabilimenti del Petrolchimico di Porto Torres. Fu scelta la punta Barbarossa, più protetta rispetto al sito tradizionale dell'antica Tonnara del Trabuccato, nella cala omonima, che in passato aveva dato buoni risultati; ma in tonnara non si vide un tonno. La fine della pesca del tonno a Stintino fu dovuta sicuramente a molteplici cause, le stesse che in parte avevano contribuito alla chiusura delle altre tonnare mediterranee, attribuibili soprattutto agli ingenti sforzi economici necessari per finanziare l'impresa e che troppo spesso non erano ripagati dai risultati di pesca. Tuttavia a dare il colpo fatale alla Tonnara Saline furono indubbiamente le condizioni ambientali: nel Golfo dell'Asinara era in piena attività in quegli anni un'industria petrolchimica di grandi dimensioni che causava un inquinamento non solo chimico, ma anche acustico del mare per l'intenso traffico delle petroliere; a queste motivazioni si può aggiungere non ultima la progressiva urbanizzazione delle coste e le condizioni più generali di inquinamento dei mari<ref>S. Rubino, ''La Tonnara Saline. Tradizioni e riti di una tonnara'', La Celere, Alghero 1995</ref>.
Il ritorno delle tonnare e la rivoluzione delle attrezzature.
Negli anni Novanta del XX secolo in Sardegna le tonnare del sulcitano, principalmente quella dell'Isola di S. Pietro seguita da quella di Portoscuso, fecero registrare un ottimo rendimento del pescato<ref>P. Addis, S. Campisi, D. Cuccu, M.C. Follesa, M. Murenu, A. Sabatini, E. Secci, A. Cau, ''La pesca del tonno rosso (''Thunnus thynnus L.'') in Sardegna: indagine sull'attività delle tonnare dal 1991 al 1998'', "Biologia Marina Mediterranea", 5, 3, 1998, pp. 252-257</ref>. Quindi il fenomeno del rilancio delle tonnare si configurava come un'attività economica alternativa per quelle comunità che affrontavano la crisi della produzione industriale, sicuramente abbastanza remunerativa sia per gli imprenditori della pesca, sia per gli stessi tonnarotti, anche perché in quegli anni si faceva sempre più pressante la richiesta di questo particolare prodotto ittico da parte del mercato orientale che lo remunerava in maniera adeguata. Inoltre in quegli stessi anni si era sviluppato un crescente interesse da parte delle istituzioni regionali, con il promulgamento di una legge a favore della pesca del 1998 e una sempre più crescente attenzione nei confronti di questa attività da parte della comunità scientifica con l'organizzazione di convegni, seminari e attività editoriali, delle comunità locali con sagre e festival del tonno (legate alla valorizzazione turistica di un territorio di incredibile bellezza) e dei mass media attraverso numerose trasmissioni televisive. Sulla base di queste considerazioni particolarmente valide per il sud della Sardegna, anche a Stintino nel 1996 si verificarono le condizioni per calare ancora la tonnara, sulla spinta di una serie di eventi favorevoli come la creazione di un museo sull'argomento, ma soprattutto grazie al coinvolgimento della comunità locale, attraverso un gruppo di giovani e di alcuni anziani pescatori, più esperti. Fu costituita la Società Stintino Tonnare Nord-Ovest Sardegna e la nuova tonnara fu ubicata esattamente nella stessa posizione dell'antica Tonnara Saline. Per la costituzione della ciurma fu coinvolta la locale Cooperativa Pescatori, che fornì la manodopera, ingaggiando da una parte il personale che aveva già operato nella Tonnara Saline fino agli anni Settanta con il rais Agostino Diana, che nella stagione 1997 si cimentò ancora nel ruolo di capopesca, dall'altra con l'assunzione di giovani pescatori inesperti, favorendo così la rinascita di una professionalità, quella del pescatore di tonno, che aveva nel paese di Stintino grandi tradizioni e che si stava perdendo nel tempo. Le campagne di pesca relative agli anni 1996 e 1997 non produssero alcun esito, salvo la cattura di un certo numero di pescispada e di qualche tonno ammagliato nella rete, mentre nel 1998, grazie soprattutto alle modifiche apportate alla rete, fu effettuato un discreto numero di catture, mentre i risultati negativi del 1999, sancirono la chiusura definitiva della Tonnara Saline. Nella campagna di pesca del 1998, dal 9 maggio al 16 giugno, fu utilizzata una tonnara modificata con un'imboccatura di tipo portoghese , dotata di una struttura chiamata "inganno", che impediva ai tonni di uscire. La ciurma impegnata nelle attività di pesca era composta da 27 uomini, più il Rais e il vice Rais. Il barcareccio comprendeva un paliscarmotto (14 m), una musciarra (9 m), due bastarde (9 m), un barbariccio (4 m) e due rimorchi. Nel corso di due mattanze, rispettivamente il 21 ed il 29 maggio 1998, furono complessivamente pescati 52 esemplari di ''Thunnus thynnus'', di peso eviscerato compreso tra 28 e 300 kg., di cui 21 erano ammagliati nelle reti. Sono state effettuate inoltre numerose catture accessorie soprattutto esemplari di pescespada (''Xiphias gladius'') e di aguglia imperiale (''Tetrapturus belone'')<ref>A. Pais, L.A. Chessa, R. Cappuccinelli, S. Rubino, S. Serra, F. Mura, ''La pesca del tonno rosso a Stintino (Sardegna Nord-Occidentale): una risorsa da rivalutare'', "Biologia Marina Mediterranea", 7, 1, 2000, pp. 817-818</ref>. La tonnara è stata inoltre lo strumento per partecipare a importanti esperimenti scientifici volti allo studio delle migrazioni dei tonni. La conoscenza del percorso effettuato dai tonni e le ipotesi delle rotte seguite dai branchi è stato sempre un argomento di grande interesse per gli studiosi e viene descritto anche dagli autori classici. I primi approcci scientifici furono legati agli studi sul rinvenimento nel corpo dei tonni di ami di diversa fattura o piombi di lenze particolari usati in alcuni specifici distretti di pesca. In questo modo è stato possibile notare che tonni pescati nel Mediterraneo avevano ami usati dai pescatori del Mar Atlantico. Nella Tonnara dell'Isola Piana ad esempio furono trovati ami tipici delle Azzorre<ref>M. Sella, ''Migrazioni e habitat del tonno (''Thunnus thynnus L.'') studiati col metodo degli ami, con osservazioni sull'accrescimento, sul regime delle tonnare ecc.'', in Memoria CLVI del Regio Comitato Talassografico Italiano", Venezia 1929, pp. 511-542</ref>. Allo scopo di fornire un contributo di conoscenza sulla circolazione dei tonni nel Mediterraneo, nella campagna di pesca del 1998 fu organizzata una sessione di marcatura con la tecnica "pop-off satellite tags". Il progetto portato avanti con la collaborazione del Rais Diana e della sua ciurma, era diretto dal Prof. Gregorio De Metrio dell'Università di Bari con un gruppo di studio comprende ricercatori di diversi paesi europei, dell'Università di Sassari e del Centro Studi sulla Civiltà del Mare e per la valorizzazione del Golfo e del Parco dell'Asinara di Stintino<ref>G. De Metrio, M. Deflorio, G.P. Arnold, A. Buckley, J.M. De La Serna, C. Yannopoulos, P. Megalofonou, G. Sylos Labini, M. Pappalepore, J.L. Cort, ''Marcatura di'' Thunnus Thinnus'': uno strumento per lo studio delle rotte del tonno rosso'', in G. Doneddu, A. Fiori, a cura di, ''La pesca in Italia tra età moderna e contemporanea. Produzione, mercato, consumo. Atti del Convegno di Studi, Alghero-Cabras, 7-9 Dicembre 2001'', Sassari 2003, pp. 239-247</ref>. L'esperienza della Tonnara di Stintino, il movimento culturale-scientifico che si è sviluppato intorno a questo fenomeno, sostenuto dall'Amministrazione comunale e dalla Proloco portarono ad alcune riflessioni sull'utilità delle Tonnare come strumento di salvaguardia della pesca del tonno. Negli anni Novanta le catture di Thunnus thynnus fecero registrare un costante incremento dovuto soprattutto al crescente interesse da parte del mercato giapponese<ref>L. Sion, M. Cacucci, G. De Metrio, ''Giovani ed adulti di tonno rosso (''Thunnus thynnus L., Pisces, Scombridae'') catturati dalle reti a circuizione italiane nel 1995'', "Biologia Marina Mediterranea", 5, 1, 1998, pp. 317-323</ref>. Ad esempio nel 1999 i dati statistici dell'ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tuna) indicavano una quantità di 30.000 tonnellate annue di tonno rosso (''Thunnus thynnus'') pescate nel bacino del Mediterraneo<ref>ICCAT (1998) – Report for biennal period, 1996-97. Part II (1997)- Vol. 2.</ref>. In quegli anni la pesca, sollecitata dalla forte domanda dei mercati orientali, era effettuata con tecniche distruttive e non selettive, soprattutto ad opera delle cosiddette "tonnare volanti", utilizzate soprattutto nell'Atlantico che catturavano esemplari di giovanissima età. Il rischio di una erosione degli "stock" di tonno rosso era molto forte e preoccupante e generò problemi di gestione determinando, a partire dal 1997, un regime di quote di pesca. In questo contesto la conservazione e il rilancio delle tonnare fisse, era di estrema attualità per diversi motivi non solo antropologico-culturali ma anche legati alle caratteristiche stesse della pesca. Infatti le tonnare fisse catturavano i tonni solo in un determinato periodo dell'anno, in particolari condizioni ambientali favorevoli. Inoltre costituivano un importante laboratorio scientifico per lo studio in vivo del tonno rosso permettendo di approfondire sia gli aspetti biologici della specie, sia quelli relativi alle migrazioni genetiche e trofiche<ref>S. Rubino, G. De Metrio, I. Oray, P. Megalofonou, A. Vella, V. Susca., A. Pais, R. Cappuccinelli, T. Bolorino, A. Diana, ''Proposte per la razionalizzazione della pesca professionale del tonno rosso (''Thunnus thynnus'') in Mediterraneo'', "Civiltà del Mare", X, 2, 1999 p. 3; cfr. S. Torre, ''Le magie del tonno'', Marsilio editore, Venezia 1999</ref>.
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